Gli effetti della pandemia sulla previdenza complementare

Le rilevazioni statistiche dell'Autorità di vigilanza rispetto al primo trimestre 2020 riflettono solo parzialmente gli effetti della crisi pandemica sul sistema dei fondi pensione. Bisognerà, infatti, attendere i prossimi mesi per valutarne le possibili conseguenze, oltre che sui rendimenti, sui flussi contributivi e sulle richieste per prestazioni (finali e intermedie)

Michaela Camilleri

Gli ultimi dati pubblicati da COVIP in merito all’andamento del sistema della previdenza complementare nel primo trimestre dell’anno riflettono solo parzialmente gli effetti della crisi pandemica. 

Alla fine di marzo 2020 il numero di posizioni in essere è di 9,185 milioni e la crescita, pari allo 0,7%, è stata limitata rispetto ai trimestri precedenti. I fondi aperti e i negoziali hanno registrato l’incremento maggiore, rispettivamente l’1,2% e l’1% (nel secondo caso la crescita è stata in particolare sostenuta dal fondo Prevedi, per il quale opera l'adesione contrattuale). Sotto il profilo delle risorse destinate alle prestazioni (figura 1), nello stesso periodo il patrimonio gestito dai fondi pensione ha superato i 180 miliardi di euro, in calo del 2,3% rispetto a dicembre 2019 (dato che peraltro non tiene conto delle variazioni nel trimestre dei fondi preesistenti e dei PIP “vecchi”). Nel dettaglio, tutte le forme pensionistiche hanno registrato una diminuzione nel periodo in esame a causa delle turbolenze sui mercati finanziari e delle perdite in conto capitale, a fronte di una tenuta dei flussi contributivi: per i fondi negoziali la flessione è stata del 4,3% e per i fondi aperti e i PIP “nuovi”, rispettivamente, del 5,7% e dell'1,4%. 

Figura 1 – Le risorse destinate alle prestazioni nel primo trimestre 2020

Figura 1 – Le risorse destinate alle prestazioni nel primo trimestre 2020

Fonte: COVIP. Nota: Per i PIP “nuovi” di ramo I, i dati del 2020 sono in parte stimati. Per i fondi pensione preesistenti, i dati di marzo 2020 non sono ancora disponibili e sono posti pari a quelli di dicembre; per i PIP “vecchi”, i dati del 2020 sono posti pari a quelli della fine del 2019

Le ripercussioni della crisi sui listini azionari sono state pesanti: nei principali Paesi, gli indici dei corsi sono scesi di circa il 20- 25% e la volatilità è risalita su livelli che non si registravano fin dai tempi della crisi finanziaria del 2008. I risultati delle forme complementari ne hanno, di conseguenza, risentito: i rendimenti del primo trimestre sono stati negativi e di entità maggiore soprattutto per i comparti bilanciati e azionari (tabella 2), dopo un anno che al contrario era risultato particolarmente positivo.

Tuttavia, con una valutazione su un orizzonte temporale più lungo, coerentemente con l’obiettivo del risparmio previdenziale, l'impatto della crisi appare più limitato. Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8 per i fondi aperti e per i PIP di ramo III e al 2,6% per le gestioni separate. Risultati che, nello stesso periodo, battono la rivalutazione del TFR, pari al 2%. Anche volendo includere i rendimenti negativi degli ultimi tre mesi, i rendimenti a 10 anni e 3 mesi restano positivi e superiori alla rivalutazione del TFR, pur riducendosi al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti e al 2,4 per i PIP di ramo III e al 2,5 per le gestioni separate. 

Tabella 1 – I rendimenti dei fondi pensione a 3 mesi, a 1 anno, a 10 anni e a 10 anni e 3 mesi

Figura 1 – Le risorse destinate alle prestazioni nel primo trimestre 2020
Fonte: COVIP

Per quanto riguarda le prestazioni, l’Autorità di vigilanza nel comunicato stampa del 19 maggio scorso ha rilevato come per il momento non sia registrato un incremento delle richieste; anche per quanto attiene ai flussi contributivi, i dati relativi al primo trimestre sono in sostanziale continuità con quelli inerenti al corrispondente periodo dell’anno precedente. Tuttavia, la stessa COVIP precisa che non si possono ancora trarre valutazioni circa gli eventuali effetti della situazione congiunturale, in quanto dovrà essere più adeguatamente riscontrata nei prossimi mesi. Anche il Prof. Alberto Brambilla, nel corso del terzo convegno virtuale Itinerari Previdenziali “La gestione dei patrimoni istituzionali tra i rischi pandemici e il rilancio del Paese”, ha sottolineato come sia molto probabile che nel corso dell’anno si riscontrida un lato, un aumento fisiologico delle richieste di riscatto e anticipazione per “qualsiasi motivo” (il famoso 30%) e, dall’altro, una diminuzione dei flussi contributivi. 

Pur nella consapevolezza che l’uscita dal sistema dei fondi pensione in questo momento potrebbe non essere opportuna in quanto renderebbe definitive le perdite realizzate, è infatti possibile che situazioni di particolare bisogno conducano a questa scelta. Sarà dunque necessario attendere l’aggiornamento dei dati statistici COVIP a giugno 2020 per riflettere ulteriormente sugli effetti della crisi pandemica sul sistema dei fondi pensione.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

1/6/2020

 
 

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