Il contratto generazionale interrotto in Europa

Generosi trasferimenti alla popolazione anziana e bassi investimenti nei giovani: ricerche condotte sulla media europea relativa al 2010 evidenziano che il numero di bambini (i "lavoratori di domani") è troppo basso per sostenere i futuri trasferimenti

Matteo Bosco

I sistemi pensionistici occidentali e, in particolar modo, quelli europei si basano sul presupposto di uno scambio reciproco tra generazioni. Semplificando, i genitori forniscono risorse alla generazione dei propri figli fino a quando questi entrano nel mondo del lavoro, si mantengono autonomamente e pagano tasse e contributi sociali utili a finanziare le pensioni e l'assistenza sanitaria per la popolazione più anziana. 

Secondo una ricerca pubblicata a inizio 2018, il valore medio dei trasferimenti netti ricevuti dalle giovani generazioni ammonta a sedici volte il reddito da lavoro di un lavoratore a tempo pieno, mentre i trasferimenti netti ricevuti da un anziano a sei volte. In particolare, gli autori della ricerca sviluppano e calcolano un indicatore per analizzare se esiste un equilibrio tra i trasferimenti ai giovani e i trasferimenti attesi dalla popolazione anziana: i risultati indicano però che nella maggior parte dei Paesi europei analizzati gli investimenti in capitale umano riguardanti i giovani sono troppo bassi per compensare i futuri, e soprattutto generosi, trasferimenti alla popolazione anziana. 

Nei Paesi analizzati, i trasferimenti a favore di bambini durante l'età lavorativa da parte di una persona possono sostenere in media circa 0,7 bambini. Tuttavia, per bilanciare i trasferimenti totali di una persona in età avanzata sono necessari, in media, quasi 1,6 contribuenti. Una situazione che, attualmente, può essere mantenuta solo perché la maggior parte dei Paesi Europei ha attraversato alcuni anni di baby boom nel periodo compreso tra la Seconda Guerra Mondiale e gli anni Ottanta. Una generazione, quella dei genitori dei  baby boomer, che ha di fatto investito molto di più nelle giovani generazioni rispetto a quanto non stia accandendo con l'attuale popolazione in età lavorativa. Vien da sé che per il sistema non è però possibile mantenere uno squilibrio nei trasferimenti, tanto che si renderà inevitabile una riduzione dei trasferimenti della popolazione anziana rispetto al reddito medio del lavoro e un aumento dei contributi delle generazioni future.

Secondo lo studio, che fa riferimento a dati 2010, lo squilibrio nel sistema italiano sarebbe (o, forse, sarebbe meglio dire era) inferiore alla media europea. Nel corso di questi 8 anni, segnati peraltro da una profonda crisi economica e finanziaria, non è però improbabile che tale posizione - solo relativamente confortante - possa aver subito delle modifiche, malgrado gli sforzi compiuti (sforzi che, del resto, non appaiono sufficienti anche alla luce delle trasformazioni sociali e demografiche in atto). 

Di qui un auspicio, quello di discutere quanto prima delle possibili strade da percorrere per avviare pluriennali circuiti virtuosi per gradualmente riportare in equilibrio i nostri sistemi previdenziali.

Matteo Bosco 

17/10/2018

 
 

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