La governance dei fondi pensione come driver di crescita

Quando si parla di risparmio previdenziale, portare all'attenzione anche il tema dell'educazione finanziaria è inevitabile, ma la questione è in realtà ben più complessa e riguarda la governance stessa dei fondi pensione: come sensibilizzare, da un lato, i (potenziali) iscritti e migliorare, dall'altro, la propria gestione finanziaria? 

Pasquale Merella

Si parla spesso, mai abbastanza, di educazione finanziaria o meglio di alfabetizzazione finanziaria. Indubbiamente la questione appare di rilievo, soprattutto nel nostro Paese, che si colloca tra gli ultimi posti nelle classifiche internazionali. Infatti, proprio le conoscenze finanziarie, anche meramente di “base” come ad esempio quelle riferite alle diverse forme di tassi di interesse, stanno alla base delle dinamiche di comportamento nel sistema di allocazione delle risorse sia pubbliche sia private, e dunque in ultima analisi nella formazione e nell’impiego del risparmio.

In tale ambito riveste particolare attenzione il risparmio previdenziale che si concretizza – auspicabilmente - nell’adesione a una forma pensionistica complementare. Vediamo perché.

Come sarà illustrato meglio qui di seguito, il tema può essere analizzato sotto due prospettive differenti e legate da un processo “causa-effetto” che determina l’esito del risparmio previdenziale.

 

Prospettiva della formazione del risparmio

Un insufficiente o inadeguato risparmio ai fini previdenziali (“causa”) comporterà il formarsi di un “gap-previdenziale” (“effetto”) che si manifesta in un salto discreto, purtroppo peggiorativo, in termini di tenore di vita tra l’età lavorativa e il periodo di quiescenza. Questa insufficienza, che ha un concreto impatto sulla vita di tutti, trae origine nel momento della formazione del risparmio e può essere causata da:

  1. da un accantonamento molto residuale del proprio reddito;
  2. dalla mancanza di un’offerta adeguata ed attrattiva per l’impiego del proprio risparmio previdenziale.

Il primo caso si riferisce all’incapacità del lavoratore-risparmiatore di allocare risparmio da destinare alla previdenza, per questioni connesse a proprie scelte allocative. La mancata conoscenza dei concetti finanziari spesso non consente di attribuire il corretto valore alla previdenza complementare. Il secondo caso invece riguarda le opportunità disponibili di impiego e i “servizi” a esso connessi. Pensiamo qui al fondamentale ruolo – e di grande responsabilità - del fondo pensione nell’ambito della promozione del risparmio previdenziale e dello sviluppo di un’offerta “su misura” che risponda alle caratteristiche tipiche della popolazione di riferimento.

 

Prospettiva dell’impiego del risparmio

Concentriamo ore l’attenzione sull’impiego del risparmio previdenziale e sugli effetti che determinano il montante finale previdenziale. Anche da questa seconda prospettiva si può creare il temuto “gap-previdenziale” (“effetto”) derivante dall’effetto di due principali “cause”:

  1. il fondo pensione viene utilizzato dagli aderenti come “bancomat” tramite le anticipazioni, decurtando così il proprio risparmio previdenziale che difficilmente potrà essere ripristinato;
  2. naturalmente, in ultima analisi, dal risultato della gestione finanziaria del fondo pensione.

Il primo aspetto riguarda ancora una volta il grado di alfabetizzazione finanziaria degli aderenti al fondo. Infatti, fatto salvo le esigenze degne di tutela, la “pratica delle anticipazioni” senza un reale motivo si caratterizza come scelta irrazionale dal punto di vista finanziario. Il secondo caso, invece, risulta più complesso da definire. Certamente il risultato finale della gestione finanziaria del fondo è strettamente legato all’esito dell’andamento generale dei mercati; tuttavia, in particolare , dipende dalle scelte di asset allocation strategica del fondo e da come queste siano risultino chiare, trasparenti, misurabili, rispondendo a principi di accountability. Quest’ultimo aspetto può fare la differenza.

Ad esempio, un’articolazione particolarmente rarefatta del benchmark utilizzato dal fondo pensione (composto da innumerevoli indici di mercato a cui è associato un piccolo peso) presenta il rischio di apparire poco trasparente oltre che poco utile. Adottare come benchmark praticamente tutto l’universo investibile significa, in altri termini, non avere benchmark. Inoltre, in termini di accountability, non riuscire a individuare responsabilità specifiche che siano esse attribuibili ai gestori finanziari o che siano esse derivanti delle scelte adottate dal Consiglio di Amministrazione del fondo stesso, rappresenta un fallimento della governance.

L’asset allocation di tipo olistico, peraltro, rischia di concretizzarsi nell’offerta agli aderenti di un classico “bilanciatone” magari ricco di titoli di Stato. Un aspetto che passa dalla consapevolezza della centralità di investire sulla governance dei fondi pensione in modo che, ad esempio, eventuali aperture ad asset class “alternative” – si pensi al private equity per citarne uno - non siano percepite come “tabù”, ma piuttosto rappresentino un’opportunità di dibattito all’interno di ciascun fondo.

 

Proposte di governance

Alla luce delle considerazioni effettuate, possiamo subito identificare due proposte di facile e immediata realizzazione:

  1. attività di sensibilizzazione al risparmio previdenziale, promossa delle parti istitutive di ciascun fondo;
  2. attività di “board induction” per i Consigli di Amministrazione dei fondi pensione.

Quest’ultima risulta praticamente carente nel panorama della previdenza complementare del nostro Paese. Proprio per questo, seguendo i suggerimenti della best practice internazionale, risulta opportuno prevedere delle iniziative di "board induction” a ogni nuovo CdA. Quest’ultime consistono in sessioni formative di carattere tecnico-finanziario e con particolare attenzione alle specifiche caratteristiche del fondo, a vantaggio di tutti i consiglieri del CdA del fondo pensione.

Ecco, proprio l’occasione del rinnovo del CdA di ciascun Fondo rappresenta l’opportunità, oltre che la necessità, di effettuare una profonda riflessione sulle strategie future nell’ottica di un sempre maggiore sviluppo della previdenza complementare che sia possa definirsi “consapevole”.

Pasquale Merella,  Chief Risk Officer Green Arrow Capital SGR

19/4/2019

 
 
 

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