Mercati finanziari e fondi pensione, le incognite del secondo semestre

Crescita globale sincronizzata, stretta delle Banche Centrali, tassi e curva dei rendimenti, scenari geopolitici e inflazioni: in che modo questi fattori rischiano di condizionare l'andamento dei mercati (e dei fondi pensione) nel corso dei prossimi mesi?

Leo Campagna

Il bilancio del primo semestre 2018 delle linee dei fondi pensione aperti non è positivo. Infatti la performance media semplice delle 299 linee censite nel database di Itinerari Previdenziali si attesta a un -0,8%, con soltanto 53 linee in territorio positivo. A frenare le performance l’andamento sia dei mercati azionari sia di quelli obbligazionari. Nell’ambito delle Borse,  tutti i listini - a parte Wall Street - hanno innestato la retromarcia da fine gennaio per chiudere il primo semestre sotto il livello di inizio anno. Per quanto riguarda invece il mercato obbligazionario, il rialzo dei tassi USA ha pesato negativamente sui mercati emergenti, mentre nella zona euro l’instabilità politica (in Italia e in Germania in primis) ha determinato oscillazioni di prezzo anche piuttosto ampie, con indici che hanno chiuso il semestre in rosso.

Va tuttavia, ricordato che i fondi pensione, in particolare le linee azionarie e quelle bilanciate, sono orientate al lungo termine e, quindi, un semestre non tanto positivo non è certo un dramma. Questo, tuttavia, non significa trascurare l’evoluzione dei mercati nel breve periodo. Infatti alle scelte strategiche (quelle orientate al medio lungo termine), i gestori dei fondi affiancano anche scelte tattiche di breve corso, solitamente con due finalità: o per approfittare in modo opportunistico di occasioni che si venissero a creare sui mercati finanziari o per difendersi da eventi che potrebbero creare turbolenze sui mercati (e sui portafogli).

A questo proposito analizziamo di seguito cinque punti che potrebbero avere implicazioni sui mercati nei prossimi trimestri: la crescita globale sincronizzata, la stretta delle Banche Centrali, i tassi e la curva dei rendimenti, il commercio (inclusi i dazi e la politica), e l’Inflazione (incluse le valutazioni dei mercati).

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In primo luogo, la crescita globale resta abbastanza sostenuta, ma non è né forte né sincronizzata come si pensava in precedenza (e come si è visto per quasi tutto il 2017). In secondo luogo, è vero che non si possa ancora parlare di una vera e propria stretta monetaria, ma è altrettanto vero che negli ultimi mesi l’approccio delle principali banche centrali in tema di politiche monetarie è sempre meno espansivo: la graduale e fisiologica normalizzazione dei tassi (ovvero il processo che riporta i tassi verso livelli più consoni alla fase del ciclo economico) prevista dagli investitori ora è diventata un po’ meno salutare per l’economia e per i mercati.  Per quanto riguarda poi tassi e curva dei rendimenti, l’inversione con i tassi dei titoli di stato USA a due anni che sorpassano quelli a 10 anni potrebbe concretizzarsi già nel quarto trimestre di quest’anno. Tuttavia, sebbene tale evento abbia sempre preceduto di 12-18 mesi l’avvento delle ultime 7 recessioni americane, non sembra scorgersi, almeno per il momento, panico tra gli investitori. 

Quarto punto sono le tensioni sul commercio, i dazi di Trump e le risposte di Pechino, le complicazioni politiche e geopolitiche che continueranno a ostacolare un andamento positivo del mercato. Infine, va segnalato che le valutazioni dei mercati, in particolare quelli azionari, sono adesso un po’ più interessanti rispetto all’anno scorso. Ma attenzione all’inflazione perché un suo rialzo imprevisto costituisce ancora uno dei rischi chiave. Anche se, almeno per il momento, a parte alcuni dati statunitensi, non sembrano emergere segnali precisi circa un aumento sostanziale dei prezzi al consumo.

Leo Campagna

13/8/2018

 
 
 

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