Pensione integrativa, a quanto si rinuncia se si posticipano i versamenti?

Per costruirsi una buona pensione integrativa occorre davvero iniziare i versamenti il prima possibile? Una raccomandazione diffusa, che trova supporto in dati e simulazioni

Leo Campagna

Si sente spesso dire che la prima regola per costruirsi una pensione integrativa consiste nell’iniziare il prima possibile i versamenti. Una raccomandazione che, con il sistema contributivo in vigore, assume una maggiore rilevanza dal momento che la pensione Inps che spetterà ai futuri pensionati sarà commisurata agli effettivi versamenti e quindi, potenzialmente, inferiore a quella a cui sono stati abituati i nostri genitori e i nostri nonni. Per fornire un'indicazione concreta di quanto possa incidere l’avvio tempestivo o ritardato di un versamento sul risultato finale, e quindi sull’assegno integrativo pensionistico che ne deriva, abbiamo eseguito un'elaborazione su dati effettivi di mercato.

Dal momento che i fondi pensione italiani non hanno più di 20 anni di attività, abbiamo utilizzato un fondo comune bilanciato ‘storico’ (Anima Visconteo) attivo da oltre 32 anni (dal maggio 1985 per l’esattezza) con una politica di investimento bilanciata moderata: il suo portafoglio tendenziale prevede infatti un 30% di esposizione azionaria, un 55% in titoli a reddito fisso, un 15% in liquidità e depositi bancari, con una duration finanziaria compresa tra 3 e 5 anni e un'esposizione al rischio di cambio non superiore al 30% del portafoglio. Abbiamo ipotizzato un lavoratore dipendente che nel maggio 1985 guadagnava 1,5 milioni di lire (ovvero circa 770 euro) e che avesse cominciato ad aderire a un fondo pensione (che avesse le caratteristiche di Anima Visconteo) versandoci sia il TFR (pari al 6,91% della retribuzione) e sia un 3% della propria retribuzione (1,5% da parte del datore d lavoro e altrettanto di tasca sua).

Ebbene, ipotizzando uno sviluppo della retribuzione in linea con l’inflazione, a fronte di 57.128 euro versati nei 32 anni e mezzo oggi si ritroverebbe con un capitale maturato complessivo pari a 131.600 euro e a una pensione complessiva (Inps + pensione integrativa) pari al 75% della sua ultima retribuzione (ipotizzando che l’assegno Inps copra il 50% dell’ultimo stipendio). Invece, posticipando il primo versamento al fondo pensione nel maggio 1995 (cioè dieci anni dopo), il lavoratore avrebbe versato 45.047 euro, maturando una pensione complessiva pari al 63% della sua ultima retribuzione. Per arrivare al 75% di copertura sarebbe stato necessario che il lavoratore versasse un ulteriore 8,5% del proprio reddito in contributi extra per un totale di 18,41% (cioè 6,91% +3% +8,5%= 18,41%). Infine, se il primo versamento nel fondo pensione fosse stato posticipato al maggio 2005, il totale dei versamenti sarebbe ammontato a 27.582 euro con una pensione complessiva pari al 57%: per ricavare un montante tale da arrivare al 75% della sua ultima retribuzione avrebbe dovuto totalizzare versamenti mensili del 35,91% (cioè 6,91% + 3% + 26%).

Leo Campagna 

4/1/2018

 
 

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