Pensioni, governo e sindacati: sarà la volta buona?

I tavoli tecnici avviati nel mese di febbraio tra governo e sindacati potrebbero essere finalmente l’occasione per un confronto organico e di sistema su due temi molto complessi e dibattuti: nuove forme di flessibilità in uscita e rilancio della previdenza complementare

Niccolò De Rossi

La prima domanda che forse bisognerebbe porsi è: perché così tardi? Negli ultimi anni l’Italia ha assistito a una rotazione forzosa e quasi schizofrenica della propria impalcatura di governo e, di conseguenza, delle politiche messe in campo nella loro accezione più ampia. Basterebbe forse questo per rispondere al quesito posto. Tra le tante ripercussioni che un simile scenario genera c’è sicuramente quello di frammentare le linee di indirizzo da seguire, alimentando la volatilità nelle misure da attuare. Nel mondo di oggi infatti, globalizzato e per questo fortemente interconnesso, l’instabilità di un Paese può creare conseguenze non solo per il Paese stesso, ma anche per tutti quelli che con quest’ultimo intrattengono rapporti. Rapporti politici, economici, commerciali, finanziari e così via. La stretta correlazione tra i diversi Stati europei, ad esempio, può essere messa a rischio dalle singole decisioni in tema di investimenti, finanza pubblica o pensioni, soprattutto se queste vengono ritenute poco sostenibili nel lungo periodo. Ci sono allora alcuni temi che, seppur afferenti alla sfera decisionale nazionale (riforme più o meno strutturali), generano dibattiti e vengono analizzati anche oltre confine, talvolta in modo poco approfondito.

Sul fronte del sistema pensionistico, ad esempio, quello italiano è stato negli anni tirato più volte per la “giacchetta”, definito poco sostenibile o addirittura fuori controllo. Prese di posizione che tendono un po' troppo al pessimismo, soprattutto se non si tenta, come invece fa il Settimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano di Itinerari Previdenziali presentato lo scorso 12 febbraio alla Camera dei Deputati, di effettuare un’approfondita analisi delle varie e complesse voci di entrata e uscita. Nondimeno, se ci si esercitasse nel distinguere ciò che cade sotto il cappello di spesa previdenziale pura e spesa assistenziale, ci si accorgerebbe che il sistema pensionistico italiano è tutt’altro che in difficoltà come a volte viene rappresentato. È allora indispensabile tentare di fare chiarezza e dare la corretta rappresentazione della situazione per non diffondere, tra la collettività e soprattutto gli altri Stati, l’idea di una condizione “pericolosa” che invece non lo è affatto. È fuor di dubbio invece che, anche alla luce dei lunghi dibattiti politici che si rincorrono negli anni, una riflessione concreta su alcuni istituti del nostro sistema previdenziale sia necessaria.

A tal fine, ciò che manca, o meglio è mancato fino ad oggi, è l’istituzione di un rapporto molto più stretto e collaborativo tra il decisore politico e gli altri attori del sistema, soprattutto in tema di pensioni. L’inizio del nuovo anno ha dato avvio alle trattative tra governo e sindacati per iniziare a elaborare ipotesi di riforma. Dalla nota riforma Fornero in poi infatti, ampiamente criticabile ma figlia di una congiuntura nefasta per l’Italia, non c’è mai stato governo che si sia preso la responsabilità di correggerne le storture attraverso un provvedimento che garantisse stabilità ed equità sul medio-lungo termine. Per la politica è certamente più semplice adottare misure sperimentali e a scadenza, anche per via delle risorse da stanziare, piuttosto che effettuare un esercizio di lungimiranza strategica a beneficio del Paese, con il rischio di scontentare una parte di elettorale funzionale invece alla propria “sopravvivenza” politica.

Ebbene, sul piatto c’è inevitabilmente il superamento di Quota 100 che, in assenza dell’introduzione di qualche altra forma di flessibilità in uscita, genererebbe un bel salto in avanti nell’età da raggiungere per accedere al pensionamento. Al termine della sperimentazione che - come sembra essere confermato anche dal ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri - proseguirà fino a naturale scadenza (dicembre 2021), ci sarà un bel problema: uno scalone che crea una notevole forma di disparità tra chi ha potuto beneficiare della misura e chi invece no. Inoltre, c’è il concreto rischio di continuare ad avere uno sguardo troppo di corto respiro e intervenire con misure per i pensionati di oggi, senza invece affrontare riforme del sistema pensionistico che guardino ai giovani, alle donne, ai lavoratori discontinui. Insomma, non senza affrontare il problema nel suo insieme. Proprio per questo, l’azione di confronto con i sindacati può aprire la strada finalmente verso una riforma organica ed equilibrata, che tenga conto delle numerose sfumature che colorano la stabilità del sistema.

L’altro tema scottante è quello della previdenza complementare, anche questa scomparsa da troppo tempo dal radar della politica. Attraverso un suo rilancio può arrivare infatti, oltre al beneficio collettivo che ne deriverebbe, anche un segnale importante per i più giovani (quelli che ne hanno più bisogno) a cui spesso ci si dimentica di parlare. Tra le proposte messe sul piatto durante l’ultimo tavolo di confronto tra governo e sindacati c’è il tema della modifica della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, passata dall’11% al 20% per mano del governo Renzi e mai più toccata dai successivi. Un tema questo che ricorre ormai da diverso tempo ma mai affrontato davvero a livello di sistema. Altra proposta, che per gli addetti ai lavori non rappresenta di certo una novità, è quella di prevedere la riapertura, nell’ottica di sostenere le adesioni, del semestre di silenzio-assenso che non pochi benefici aveva prodotto. Ma a monte di tutte queste proposte deve esserci un vero percorso di informazione ed educazione finanziaria e previdenziale, per sensibilizzare al tema in particolar modo le nuove generazioni, che vedono la pensione come un momento infinitamente lontano benché, dati e scenari alla mano, dovrebbero essere i primi a dotarsi di una pensione complementare. Sembra invece essere stata rispedita al mittente la proposta di un fondo integrativo pubblico gestito direttamente dall’INPS, non ravvisando alcuna necessità di affiancare al sistema complementare privato un istituto di dubbia sostenibilità e legato, per il suo funzionamento, al primo pilastro previdenziale.

Dunque sono molte le misure in cantiere. Da marzo dovrebbero iniziare i tavoli di confronto con la politica, scoglio che vedrà ancora impegnate le controparti per giungere a una riforma che sia il più completa possibile ma, soprattutto, che generi stabilità e certezza per tutti. Forse, non è troppo tardi!

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

24/2/2020

 
 
 

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