Perché non vanno sottovalutati i rischi di rialzo dell'inflazione

Gli sviluppi della pandemia di COVID-19 saranno determinanti per stabilire prospettive di crescita e andamento dell'economia dei diversi Paesi nei prossimi mesi: per i fondi pensione significa farsi trovare pronti a rispondere in modo appropriato persino a fiammate inflazionistiche

Leo Campagna

I prezzi al consumo in Italia sono scesi dello 0,5% tra dicembre 2019 e novembre 2020. Anche negli ultimi 3 anni non c’è stata traccia di inflazione (+0,9%) e nemmeno nel quinquennio (+2,1%). Si tratta di valori che, se da un lato riducono la rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), dall’altro mettono sotto una luce più positiva i rendimenti dei fondi pensione che, in valore assoluto, non sembrerebbero essere un granché.

Per esempio, nei cinque anni che vanno dal 31/12/2014 al 31/12/2019, mentre i rendimenti netti medi annui composti dei fondi negoziali e dei fondi pensione aperti censiti dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali si sono attestati a +2,5%, il TFR non è andato oltre il +1,6%: nei 10 anni dal 31/12/2009 al 31/12/2019, a fronte di una rivalutazione annua del +2,0% del TFR, i rendimenti netti medi annui composti dei fondi negoziali si sono posizionati a +3,6% e quelli dei fondi pensione aperti al +3,8%.

Tuttavia le cose potrebbero cambiare già a partire dal 2021, anno in cui l'inflazione sarà un fattore chiave. Il consenso di mercato è per un tasso di crescita dei prezzi al consumo che possa spingersi fino al 2%, ma in un arco di tempo prolungato (almeno un paio di anni), e per poi oscillare intorno a questo livello per qualche tempo ancora. Diversi esperti, invece, ipotizzando una crescita degli Stati Uniti nel 2021 molto più sostenuta rispetto al consenso (+5,9% su base annua rispetto al +3,9% della media espressa dagli economisti), intravedono un possibile rialzo del carovita già quest’anno al 2%, per poi attestarsi su livelli al di sopra dei due punti percentuali in modo sostenuto.

Le ragioni di questa ‘visione’ più ottimistica della ripresa economica USA e della conseguente maggiore inflazione sarebbe da ricercarsi nei limitati segnali di stress nei bilanci delle famiglie e delle imprese. Grazie alle politiche monetarie ultra-espansive e ai poderosi interventi fiscali di supporto alle famiglie e alle imprese, una volta eliminate le restrizioni alla mobilità e alle opportunità di spesa, la domanda potrebbe rimbalzare bruscamente. Inoltre, dal momento che le perdite di posti di lavoro sono concentrate nei segmenti a basso reddito, il tasso di disoccupazione principale sembra sopravvalutare la perdita economica. 

Certo, nel breve termine gli sviluppi dell'epidemia e l'introduzione del vaccino restano due rischi per le prospettive di crescita e di inflazione. Ma se le previsioni più ottimistiche si rivelassero corrette, i gestori dei fondi pensione farebbero bene a rafforzare i portafogli introducendo strumenti in grado di rispondere in modo appropriato a qualsiasi prossima fiammata inflazionistica.

Leo Campagna 

22/1/2021

 
 

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