PIP, primo trimestre in rosso ma il 2018 non è compromesso

Nonostante la partenza "sprint" di gennaio, il primo trimestre 2018 dei PIP è negativo: l'analisi degli ultimi 10 anni e l'attuale contesto macro-economico lasciano però spazio a segnali più confortanti 

Leo Campagna

Dopo un brillante gennaio, il primo trimestre del 2018 ha chiuso in deciso rosso per le linee unit linked dei PIP censiti nel database di Itinerari Previdenziali. Infatti, la loro performance media trimestrale si è attestata a -3,2% con picchi negativi fino a -7,5%. Si tratta di un risultato che può ragionevolmente preoccupare gli oltre 3,1 milioni di lavoratori che hanno scelto i Piani Individuali Pensionistici per alimentare la propria pensione integrativa sul risultato che potrebbero registrare alla fine di quest’anno. Al contrario, però, l’analisi degli ultimi 10 anni e l’attuale contesto macro-economico forniscono qualche indicazione più confortante.

Cominciamo dall’analisi degli ultimi 10 anni. Il primo trimestre dal 2009 al 2018 si è chiuso con una perfomance media delle unit linked dei PIP per quattro volte (2009, 2011, 2016 e 2018) con il segno  meno e per sei volte in positivo (2010, 2012, 2013, 2014, 2015 e 2017). Nel 2009, a fronte di una performance trimestrale in rosso del -3,5%, il risultato finale annuale dei PIP fu del +14,5%. Nel 2011, invece, mentre il primo trimestre segnò un ribasso medio delle unit linked dei PIP del -0,7%, l’anno finì a -5,2%. Nel 2016, infine, il primo trimestre vide un risultato del -3,1% che però si trasformò in un +3,6% a fine anno.

Proprio quanto accaduto due anni fa presenta le maggiori similitudini con il 2018. Il risultato del 2009 infatti venne influenzato dalla profonda correzione del 2008 che aveva spinto fortemente al ribasso i mercati finanziari (e quindi anche le quotazioni delle unit linked dei PIP), mentre nel 2011 sulla performance annuale ci furono gli impatti della crisi del debito sovrano della zona euro che spinse al ribasso sia le Borse che i titoli obbligazionari europei. Nel primo trimestre 2016, invece, la correzione dei mercati venne determinata dalla convinzione (poi rivelatasi inesatta) di un rallentamento della crescita cinese: nei nove mesi successivi di quell’anno gli investitori poterono concentrarsi sui dati dell’economia reale e ripresero ad investire nelle asset class più rischiose (azioni, obbligazioni societarie, mercati emergenti ecc.).

Non sappiamo cosa succederà nei prossimi 9 mesi ma, al momento, la crescita economica prosegue solida e diffusa a livello mondiale, l’inflazione è in graduale rialzo, le banche centrali non hanno nessun interesse a compromettere la ripresa in atto. L’unica pesante incognita resta il pericolo di un'escalation delle guerre commerciali che potrebbero minare la fiducia degli investitori e, a cascata, il potenziale di recupero delle Borse e dei mercati.

Leo Campagna

27/4/2018

 
 

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