Previdenza complementare, i 3 fattori di supporto ai mercati finanziari per il 2020

Il buon avvio per le asset class di rischio (azioni, obbligazioni societarie e mercati emergenti) in questo 2019 ha permesso alle diverse formule di previdenza complementare di recuperare buona parte delle perdite con cui avevano chiuso il 2018: cosa aspettarsi ora per i mesi a venire? 

Leo Campagna

Pur con qualche scossone, come quello dello scorso venerdì 22 marzo, il primo trimestre del 2019 può considerarsi positivo per le asset class di rischio: azioni, obbligazioni societarie e mercati emergenti. Un trend che ha permesso anche alle diverse formule di previdenza complementare di recuperare buona parte delle perdite registrate nel 2018 e, in particolare, quelle accumulate nel corso del quarto trimestre dello scorso anno. Nel database di Itinerari Previdenziali è in particolare possibile verificare il buon recupero archiviato nei primi due medi del 2019 dai fondi pensione negoziali, dai PIP e dai fondi pensione aperti, mentre per i dati relativi a marzo 2019, e quindi anche per l’intero primo trimestre del 2019, occorrerà attendere i valori delle quote che saranno resi noti nelle prossime settimane.

A ogni modo, per gli investitori, diventano a questo punto molto più importanti le previsioni per i prossimi trimestri. A questo proposito i timori di una possibile recessione o, di un forte rallentamento dell’economia, dovrebbero restare elevate nel breve termine. Proiettando però l’orizzonte temporale a più lungo termine c’è chi, come Keith Wade, Chief Economist & Strategist di Schroders, rivela di essere un po’ più ottimista sulla crescita. Una convinzione la sua basata su tre fattori: prezzi dell’energia più contenuti, possibile accordo commerciale tra USA e Cina e politiche monetarie più accomodanti. Secondo lo strategist, grazie ai prezzi dell’energia più bassi, l’inflazione resta calmierata permettendo alle famiglie di avere maggior reddito disponibile sia negli Stati Uniti che in Asia e anche in Europa: un traino importante per l’economia, dal momento che i consumi costituiscono un importante sostegno alla crescita. Un’intesa tra Washington e Pechino, invece, è ora più probabile e permetterebbe non solo di scongiurare un'escalation dagli esiti imprevedibili, ma anche di ridurre l’incertezza e a portare chiarezza alle società che hanno sospeso la pianificazione delle spese, in attesa di decidere il futuro degli investimenti e delle loro catene di produzione internazionali.

Grazie alla Federal Reserve, più propensa da inizio anno a rispondere alle condizioni del mercato finanziario, le condizioni monetarie sono tornate a essere meno restrittive. Un ulteriore passo in avanti dovrebbe poi garantirlo il processo di riduzione di bilancio che la banca centrale statunitense dovrebbe completare entro la fine dell’anno.

La combinazione di questi tre fattori di supporto dovrebbe permettere all’economia di riprendersi tra la fine di quest’anno e il prossimo. Le sue stime di crescita globale sono infatti state limate per l’anno in corso (dal 2,9% al 2,8%), mentre sono state rivedute al rialzo quelle del 2020 per gli Stati Uniti (dal +1,3% al +1,6%), per il Giappone (dallo zero al +0,4%) e per la Cina (dal +6,0% al 6,1%).

Leo Campagna 

10/4/2019 

 
 
 

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