Previdenza complementare, la lezione della crisi del 2008

Ora che COVID-19 sta scuotendo i mercati la crisi del 2008 ha molti spunti da offrire ai risparmiatori  previdenziali: il consiglio più importante? Chiedersi, o meglio ancora, discutere con il proprio consulente di fiducia, quale sia la linea di investimento più adatta alle proprie esigenze per raggiungere un buon compromesso tra rischio e rendimento

Leo Campagna

I crescenti timori causati dall'ormai ampia diffusione del nuovo coronavirus anche al di fuori dell’Asia hanno determinato un brusco arretramento delle Borse, con gli investitori preoccupati dalle possibili ricadute sull'economia globale. Una situazione resa ancora più complicata dal forte calo del prezzo del petrolio e dall’emergenza sanitaria che preoccupa per la stessa salute dei singoli cittadini.

Uno scenario sul quale pesa la mancanza assoluta di prospettive future, non sapendo quando la situazione emergenziale potrà essere circoscritta (con una cura o con un vaccino) e nemmeno quanto profondi saranno i contraccolpi sull’economia reale (rallentamento e chiusure aziendali, cassa integrazione e licenziamenti,e così via). Pur non essendo dotati di una sfera di cristallo, si può comunque auspicare per il futuro che, così come già accaduto in passato a seguito di altre grandi crisi storiche, anche a questa seguirà una soluzione, con conseguente ripresa di una vita il più possibile "normale" e, con essa, dell’economia globale.

E così, anche se non si può sapere se l'emergenza durerà tre mesi piuttosto che due anni, si può ipotizzare che nel medio-lungo termine (5-7 anni) anche i mercati finanziari potranno esprimere valutazioni maggiori rispetto a quelle attuali. A questo proposito può rivelarsi utile quanto accaduto durante e dopo il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers nel settembre 2008, fallimento cui seguì la grande crisi globale.

Si prenda allora a titolo esemplificativo il caso di tre lavoratori aderenti allo stesso fondo pensione, ma a tre diverse tipologie di comparti: il signor Aldo al comparto bilanciato obbligazionario (BOB), il signor Bruno al comparto bilanciato (BIL) e il signor Carlo al comparto azionario (AZ). Tutti e tre al 31 agosto 2008, vigilia del crac Lehman Brothers del 12 settembre 2008, avevano accumulato quote per un controvalore di 100mila euro. Da settembre 2008 in poi, tutti i mesi hanno continuato a versare 250 euro al fondo pensione, per un totale di 34.500 euro. Al 28 febbraio scorso (vale a dire prima di questa ulteriore grande crisi), il signor Aldo poteva contare su un montante accumulato di 178.064 euro, il signor Bruno di 199.954 euro e il signor Carlo di 213.972 euro.

Mantenere le linee a più alto contenuto azionario nei circa 12 anni successivi al crac Lehman Brothers è risultata essere la decisione premiante anche se, tra settembre 2008 e marzo 2009, gli indici di Borsa hanno accusato perdite del 50% e oltre. Non c’è alcuna garanzia che ciò si ripeta nei prossimi 10-12 anni. Tuttavia, chi accumula risparmi per integrare la pensione futura deve tenere conto che gli indici di Borsa hanno già perso il 30% dai massimi di febbraio (negli Stati Uniti) e oltre il 35% (in Europa), mentre i rendimenti delle obbligazioni di alta qualità sono vicini allo zero o, in molti casi, negativi. Dovrebbero chiedersi, o meglio discuterne con il proprio consulente di fiducia, quale tipologia di investimento potrà ragionevolmente generare più protezione e rendimento ai risparmi nei prossimi anni.

Leo Campagna 

3/4/2020

 
 

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