Previdenza complementare, perché partire il prima possibile

Il 2019 è stato un anno positivo per gli investitori, ma non è scontato che il trend prosegua nei prossimi mesi, quando persino posizionarsi sulle linee più rischiose potrebbe non bastare a garantirsi buoni rendimenti nel lungo termine: ecco perché partire con i versamenti il prima possibile (anche con piccoli importi) resta il miglior modo per "mettere al sicuro" la propria posizione previdenziale

Leo Campagna

Il 2019 si è rivelato finora un buon anno per gli investitori. Anche per quelli che hanno versato contributi nei prodotti preposti per le diverse forme di previdenza complementare. Infatti, nei primi 10 mesi di quest’anno, le performance delle linee di unit linked collegate ai PIP censite nel database di Itinerari Previdenziali, evidenzia un rendimento medio del +12,1% mentre quello dei fondi pensione negoziali si è posizionato al +6,7%.

Guardando al 2020, però, queste performance appaiono difficili (se non impossibili) da raggiungere. Per tutta una serie di ragioni: dalle valutazioni azionarie che risultano estremamente care ai rendimenti dei titoli di Stato a zero o sottozero, dagli spread delle obbligazioni societarie sui minimi ai mercati emergenti che mostrano meno carburante rispetto al passato.

L'orizzonte cui devono guardare quanti stanno costruendo una pensione integrativa è però quello di medio-lungo termine. Ma anche in questo caso, purtroppo, si scopre che le previsioni non sono rosee e suggeriscono di abbassare le aspettative. L’ultimo report, in ordine cronologico, in questo ambito  è quello a cura di J.P. Morgan Asset Management relativo all’edizione 2020 delle Long-Term Capital Market Assumptions, l’analisi delle previsioni di lungo periodo (su un orizzonte temporale di 10-15 anni). Quest’anno il report esplora la complessità degli investimenti in una fase che può essere considerata di fine ciclo, caratterizzata da rendimenti obbligazionari molto bassi e giunge alla conclusione che gli investitori dovrebbero aspettarsi per il prossimo decennio rendimenti azionari e, soprattutto, obbligazionari molto meno generosi rispetto al recente passato.

Cosa significa tutto questo? Che posizionarsi sulle linee di previdenza a più alto profilo di rischio potrebbe non bastare nemmeno nel lungo termine. I numeri rendono l’idea meglio di qualsiasi considerazione. Posto che la linea scelta per costruirsi la pensione di scorta offra un rendimento del 3% all’anno, se si versano 1.200 euro all’anno (100 euro al mese) si accantona un montante di 76.000 in 35 anni: lo stesso montante di 76mila euro in 20 anni di versamenti richiede 2.700 euro all’anno, mentre in 10 anni ne richiede addirittura  6mila. Se il rendimento annuo fosse invece del 5%, con 1.200 euro di versamenti all’anno si costruirebbe una posizione finale di 115.000 euro: per raggiungere tale montante in 20 anni sarebbero necessari 3.200 euro all’anno, ovvero 8.100 ogni anno per 10 anni.

Come dire che, per chi ancora fosse indeciso, è sempre più importante partire con i versamenti il prima possibile anche con piccoli importi.

Leo Campagna 

27/12/2019 

 
 
 

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