RITA, facciamo due conti

In questi primi mesi del 2018 si è parlato molto della RITA trattando le previsioni normative introdotte dall’ultima Legge di Bilancio e le disposizioni rilasciate da COVIP che ne descrivono il perimetro operativo. Proviamo a "fare due conti" che ci permetteranno di capire se e come la RITA possa essere d’interesse per gli iscritti ai fondi pensione

Nicola Barbiero e Paolo Novati

Prendiamo tre esempi: Marco, 30 anni, è un artigiano metalmeccanico, dopo diversi anni di contratti a termine, il suo datore di lavoro ha deciso di confermarlo e ora inizia a pensare al suo futuro, in particolare, a valutare se iscriversi a un fondo pensione negoziale. Giulia, 45 anni, si è già iscritta 5 anni fa dopo un periodo di tentennamento dovuto alla scarsa fiducia nello strumento; lavora in una grande azienda metalmeccanica e sta cercando di capire se RITA può darle la possibilità di uscire prima dal mondo del lavoro, sapendo che finora è riuscita ad accumulare 18.000 euro. Da ultimo, abbiamo Paolo, 55enne dipendente di un’azienda del settore chimico e iscritto alla previdenza complementare dal 2007 (in questi anni è riuscito a far crescere il suo fondo pensione fino a 40.000 euro), con l’obiettivo di avere reddito aggiuntivo al momento del pensionamento, ma la riforma Fornero ha però posticipato l’età necessaria per accedere alla pensione e, da allora, ha cercato soluzioni alternative per una uscita anticipata dal mondo del lavoro. RITA può fare al caso suo?

Cominciamo dunque con Marco che pensa di non avere aspettative di crescita di carriera e si attende che il suo reddito attuale (circa 20.000 euro lordi anno) aumenti solamente in relazione ai rinnovi del CCNL di riferimento: questo gli permette di versare poco più di 1.650 euro all’anno al suo fondo (Marco considera di versare, oltre al TFR, anche un contributo corrispondente all’1% della sua paga base per avere la stessa quota da parte dell’azienda) fino a 65 anni con l’obiettivo di utilizzare l’opzione RITA per il 100% del suo fondo nei successivi 5 fino al pensionamento; così riuscirà a risparmiare quasi 85.600 euro (si ipotizza che la scelta del comparto sia, in ogni momento, coerente con gli anni mancanti al sessantacinquesimo compleanno) e avere la possibilità di contare su una situazione come ripotata nella tabella che segue:

Tabella riportante la situazione di Marco così come descritta nel paragrafo precedente, i dati sono da intendersi a valori reali ad oggi (già al netto dell'inflazione)

L’utilizzo della RITA gli consentirebbe di avere un tasso di sostituzione al 99,29%, anche nel caso rimanga inoccupato per un massimo di tre anni nel corso della sua carriera.

A Marco non dispiace, quindi, l’idea di iniziare a costruirsi già da adesso una possibilità di uscita alternativa, ma sa di dover fare un’altra considerazione: lui inizierà a percepire l’assegno pensionistico al compimento del settantesimo anno (sulla base dell’attuale normativa), assegno calcolato sulla base dei contributi versati nel corso della propria carriera lavorativa e i 5 anni di uscita anticipata potrebbero incidere, anche in modo significativo sulla sua situazione reddituale futura.

Dal conteggio emerge che Marco, lavorando 5 anni in meno, avrebbe una pensione inferiore di circa 115 euro netti al mese: cosa deciderà quindi? Il suo ultimo stipendio, come riportato nella prima tabella, si aggirerà intorno ai 1.250 euro, di circa 100 euro superiore rispetto al reddito al momento della pensione. Inoltre, qualora Marco rimanga inoccupato per tre anni, come nell’ipotesi precedente, il suo reddito al momento della pensione diminuirà ulteriormente e potrà contare su circa 1.050 euro. Basterà?

Lasciamo a Marco le considerazioni, anche personali, che farà a 65 anni - comprese eventuali situazioni intermedie accedendo alla pensione tra 65 e 70 anni - ma possiamo affermare che ora penserà al suo fondo pensione e alla RITA con qualche aspettativa e qualche interesse in più.

Nicola Barbiero e Paolo Novati

26/3/2018

 
 
 

Ti potrebbe interessare anche