Sostegno alla natalità, cosa prevede la Legge di Bilancio per il 2020

L'ultima Legge di Bilancio si pone l'ambizioso ma condivisibile obiettivo di procedere a un riordino degli strumenti a sostegno della genitorialità. Quali i provvedimenti previsti per il 2020 e quale la direzione intrapresa a risposta dell'annoso dilemma: sostegno economico o accessibilità ai servizi?

Michaela Camilleri

Se si cercano notizie e dati sulla natalità in Italia i risultati che si ottengono appaiono quantomeno preoccupanti. “Raggiunto il minimo storico della natalità dall’unità d’Italia”, “Culle vuote: Italia maglia nera per la natalità”, “Calo della natalità. A rischio la continuità del Paese”. Sono solo alcuni dei titoli più recenti apparsi sui principali quotidiani nazionali. Recenti studi – tra cui l’ultimo report Istat su natalità e fecondità della popolazione residente – hanno infatti portato al centro del dibattito il problema demografico che sta interessando il nostro Paese, dove alla costante diminuzione delle nascite si affianca un allungamento della speranza di vita (non sempre in buona salute). I numeri, tutti negativi, sono ormai noti e per nulla nuovi: nel 2018 sono nati 439.747 bambini, quasi 140 mila in meno rispetto a dieci anni fa; il numero medio di figli per donna prosegue la sua discesa attestandosi a 1,29 (contro un tasso di ricambio “naturale” del 2,1); l’età media delle madri sale a 32 anni, quella alla nascita del primo figlio raggiunge i 31,2 anni.

Allarmismi eccessivi riguardo al futuro demografico del nostro Paese non sembrano tuttavia giustificabili, soprattutto sotto il profilo della fecondità. Come rileva l’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate “Sostenibilità della spesa pubblica per pensioni in un’ipotesi alternativa di sviluppo” curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, le previsioni a lungo termine dello stesso Istituto di statistica per la stima della fecondità sono molto prudenziali e indicano che il numero medio di figli per donna al 2045 potrebbe scendere fino a 1,26 o salire fino a 1,8. Tradotto, commentano gli autori dell’Osservatorio, “non sappiamo davvero cosa succederà alla fecondità italiana: potrebbe diminuire in modo drammatico o potrebbe salire verso i valori dei Paesi europei più prolifici”.

In un contesto così incerto, l’attenzione si sposta inevitabilmente verso la necessità di riconsiderare le attuali politiche familiari e di conciliazione tra vita privata e lavoro affinché diventino un incentivo alla natalità.

La Legge di Bilancio per l’anno 2020 è intervenuta sul tema del supporto alla genitorialità con l’obiettivo, ambizioso ma in linea di massima condivisibile, di procedere a un riordino degli strumenti a sostegno delle famiglie con figli. Si dovranno però attendere appositi provvedimenti normativi per capirne nel concreto le modalità. Al momento, la legge n. 160 del 27 dicembre 2019 ha istituito un fondo denominato “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per l’anno 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Nell’attesa, la Legge di Bilancio ha rimodulato per il 2020 due misure già in essere (oltre ad aver esteso da cinque a sette giorni il congedo per il padre lavoratore dipendente): il bonus bebè e il bonus asilo nido.

L’assegno di natalità (o bonus bebè) è stato esteso anche ai nati o adottati nel 2020 fino al compimento del primo anno di età (primo anno di ingresso nel nucleo familiare nel caso di adozione). La principale novità consiste nell’aver reso la prestazione accessibile a tutte le famiglie e non solo a quelle in possesso di un ISEE minorenni non superiore a 25.000 euro, pur mantenendo l’importo ancorato all’indicatore della situazione economica equivalente e così proporzionato:

  • 1.920 euro annui (160 euro al mese per un massimo di 12 mesi) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’ISEE non superiore a 7.000 euro annui;
  • 1.440 euro annui (120 euro al mese per un massimo di 12 mesi) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’ISEE superiore alla soglia di 7.000 euro e non superiore a 40.000 euro;
  • 960 euro annui (80 euro al mese per un massimo di 12 mesi) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’ISEE superiore a 40.000 euro.

Rimane confermato che in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra l'1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020, l’importo dell’assegno è aumentato del 20%.

Il bonus asilo nido e forme di supporto presso la propria abitazione, che spetta per i nati dall'1 gennaio 2016 e serve a finanziare il pagamento di rette degli asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche, è stato invece aumentato e rimodulato sulla base del valore dell’ISEE (finora erogato indipendentemente dal reddito) sulla base dei seguenti importi massimi:

  • 3.000 euro annui per i nuclei familiari con un ISEE fino a 25.000 euro;
  • 2.500 euro annui per i nuclei familiari con un ISEE da 25.001 euro fino a 40.000 euro;
  • 1.500 euro annui per i nuclei familiari con un ISEE superiore a 40.000 euro.

Tabella 1 - Bonus a confronto

Il dilemma pare essere sempre lo stesso così come per altre grandi questioni che interessando il Paese, dalle pensioni al lavoro: soldi o servizi? Assistenza o incentivi? La soluzione più comoda? I soldi. La soluzione più difficile? I servizi. La via di mezzo, forse, quella più efficiente, anche se la politica sembra scegliere sempre la più facile. Pur condivisibile nel suo obiettivo più generale, non mancano tuttavia dubbi e perplessità circa le modalità di utilizzo delle risorse impegnate dal Fondo, i criteri sulla base dei quali sarà modulato l’assegno unico (tutto in base all’Isee, nonostante i limiti finora evidenziati da questo indicatore?) o, ancora, la possibilità che la prestazione rimanga una soluzione una tantum. L’altra criticità è rappresentata dal fatto che tali misure appaiano pensate per il solo sostegno economico delle famiglie con figli piuttosto che per inquadrate in una vera politica di incentivo alla natalità, per la quale bisognerebbe guardare anche alle possibilità di accedere ai servizi (uno su tutti l’esempio degli asili nido e degli altri servizi socio-educativi per la prima infanzia).

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

15/1/2020

 
 
 

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