Dopo cento anni siamo ancora al "non uscite, state a casa"

Anche in materia di pandemie ed emergenze sanitarie, la storia sembra averci insegnato davvero poco: com'è possibile che, malgrado ad esempio le recenti esperienze di SARS e MERS, l'Italia e il mondo intero si siano fatti trovare del tutto impreparati a fronteggiare COVID-19?

Alberto Brambilla

Nella storia si ricordano 3 pandemie prima del ventesimo secolo. La peste nera del 1.300, che durò decine di anni e provocò la morte di quasi un terzo degli abitanti del continente europeo (circa 30 milioni); la seconda che invase nel 1510 l’Europa, probabilmente la prima pandemia influenzale caratterizzata da febbre, tosse e dolori nella zona polmonare, e che fece molte vittime. La terza fu la pandemia conosciuta come “l’influenza russa” che iniziò nel 1889 a San Pietroburgo, si diffuse rapidamente e dopo circa 80 giorni causò il picco di casi negli Stati Uniti: si stima che morì a causa dell’influenza un milione di persone e fu probabilmente provocata dal virus H3N8. 

Arriviamo al 1918 sul finire della prima guerra mondiale. Il capo del governo e ministro degli Interni Vittorio Emanuele Orlando descrive l’epidemia che sta invadendo l’Europa, per negarla, “una malattia terribile, misteriosa, ignota nella sua causa e invincibile nei suoi effetti....”, che “porta complicanze polmonari particolarmente gravi”. Nonostante Orlando e tutti i Paesi belligeranti neghino l’esistenza del virus per paura di avere effetti negativi sulla guerra producendo così un aumento delle vittime, l’epidemia scoppia violenta e, non avendo strumenti sanitari per combatterla, si chiede: “ai medici e infermieri di portare una maschera di garza .....e alla popolazione di ridurre al minimo gli affollamenti in genere e i contatti dei sani coi malati. Sempre stando alle sue parole, "vennero chiusi molti negozi e in alcuni paesi anche le scuole; non si potevano visitare gli ammalati che così morivano soli e non si facevano neppure i funerali". La spagnola, così si chiamava la prima grande epidemia del XX secolo proprio perché dichiarata solo dalla Spagna che non era in guerra, scoppiò negli Stati Uniti tra il 1918 e il 1920 e fece, secondo le stime recenti, tra i 50 e i 100 milioni di vittime nel mondo, molte più dei 17 milioni della prima guerra mondiale. Infettò circa 500 milioni di persone e forse, per questo, accelerò la fine della grande guerra ma il fatto più grave è che questa malattia causata principalmente da polmonite sarà pressoché dimenticata, non solo nei libri di storia, ma anche dalla medicina ufficiale, tanto che di questo virus non se ne seppe più nulla.

Sono passati oltre 100 anni e le misure protettive, così come i consigli, nonostante nel contempo l'uomo sia andato sulla Luna e abbia sviluppato straordinarie tecnologie, sono sempre gli stessi: “State a casa”. Ma dov'è stata la medicina in questo periodo? E l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l'Istituto Superiore di Sanità italiano e gli altri?

Passano circa 40 anni ed ecco che, nel 1957, scoppia l’influenza asiatica. Se per la spagnola il virus era H1N1, per l’asiatica venne classificato H2N2, isolato per la prima volta in Cina. Fu un virus molto contagioso, proveniente dall’Asia, che causò oltre 2 milioni di morti. Per questa pandemia fu trovato un vaccino che permise di ridurre la malattia in tre anni, anche se, nel 1968, si propagò una forma influenzale molto simile, detta Hong Kong (virus H3N2, secondo le classificazioni riportate dall’ISS), un tipo di influenza aviaria che, in due anni, uccise tra 750mila e 2 milioni di persone. In Italia, il numero di decessi attribuibile a questa pandemia di polmonite e influenza fu stimato in circa 20.000. Passano ulteriori 34 anni e arriviamo alla SARS del 2002/2003 e, dopo circa 10 anni, 2012/2013 arriva la MERS, preceduta nel 2009 da un'epidemia impropriamente chiamata “influenza suina”, causata da un virus  A(H1N1)pdm09 e dichiarata cessata dall'OMS il 10 agosto 2010, dall'OMS. Questa pandemia influenzale colpiva prevalentemente persone sopra i 65 anni e probabilmente continua a circolare come virus influenzale stagionale cagionando ogni anno malattie, ricoveri e decessi in tutto il mondo.

Come si vede i tempi tra una pandemia e l’altra si accorciano moltissimo: intervalli di trecento anni, poi 40 anni, poi 34, poi 10 e ora, con COVID-19, meno di 7 anni. Effetto globalizzazione? E la prossima quando arriverà? La domanda che ci poniamo è come mai, dopo tutte queste pandemie e tutti gli studi sui virus citati, il mondo si è trovato così impreparato? Né per la SARS né per la MERS è stato trovato un vaccino; forse non è mai stato trovato per nessuna pandemia. E che ci stanno a fare tutte le burocrazie che si occupano di sanità? Oggi politica e organizzazioni sanitarie sono ridotte a dare i soliti consigli: siccome non sappiamo cosa fare, "state in casa", "non muovetevi", "chiudiamo le scuole e i negozi". Esattamente come 100 anni fa.

Certo, oggi abbiamo le terapie intensive che, probabilmente, se reggeranno, salveranno molte vite umane, ma abbiamo anche meno medici e meno posti letto di 20 anni fa. E tutto questo ci dovrebbe far molto riflettere.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

13/4/2020

L'articolo è stato pubblicato su Libero Quotidiano del 31/3/2020
 
 

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