Il crollo della produzione industriale non aspetta la crisi di governo

L'ultimo rapporto Istat sulla produzione industriale è la fotografia di un'ecatombe nel confronto con il 2019: particolarmente negativi i dati riguardanti industrie tessili, abbigliamento, mezzi di trasporto e prodotti petroliferi, mentre resistono bevande, industrie alimentari e tabacco 

Giovanni Gazzoli

Proprio nei giorni in cui si consuma la crisi di governo, innescata tra gli altri motivi dall’errata (secondo chi ne è artefice) impostazione del piano di utilizzo dei soldi che arriveranno dall’UE, l’Istat ha diffuso i dati relativi alla produzione industriale che, come facilmente intuibile, è tra le maggiori vittime della crisi economica seguita alla pandemia di coronavirus, e di conseguenza proprio di quei fondi ha un estremo bisogno. 

I dati si riferiscono a novembre 2020, quando non si erano ancora manifestate pienamente le conseguenze della seconda ondata e delle relative restrizioni alle attività sociali e produttive.

Ebbene, il commento dell’Istituto registra una diminuzione della produzione sia su base congiunturale, ossia rispetto al mese o al periodo precedente, sia in termini tendenziali, vale a dire in rapporto allo stesso mese o periodo dell’anno precedente. In particolare, l’indice destagionalizzato è diminuito dell’1,4% rispetto a ottobre 2020, mentre la media del trimestre settembre-novembre 2020 godeva ancora - rispetto al trimestre giugno-agosto 2020 (+2,1%) - della sostanziosa riapertura estiva delle attività in tutto il Paese. Molto più grave la diminuzione in termini tendenziali, con il -4,2% di novembre 2020 rispetto a novembre 2019; ancora peggio quella del trimestre settembre-novembre 2020 rispetto al 2020: -12,1%.

Affinando l’analisi e andando a vedere i raggruppamenti principali di industrie, si scopre che gran parte del calo è da imputare ai beni di consumo. In particolare, comparando novembre 2020 con ottobre 2020 si ha una diminuzione del -4%, effetto del -6,5% dei cosiddetti beni di consumo durevoli, ossia gli apparecchi per uso domestico, i mobili e i motocicli, e del -3,4% dei beni di consumo non durevoli, cioè prodotti alimentari e bevande, alcune industrie tessili o i prodotti farmaceutici. L’unico settore positivo, in riferimento alla stessa comparazione, è quello dei beni intermedi, cioè prodotti chimici, prodotti in metallo, apparecchi elettrici, tessuti e l’industria del legno: questo settore ha registrato infatti un lieve +0,2%, mentre è a +5,5% se si compara il trimestre settembre-novembre 2020 con quello giugno-agosto 2020.

Guardando invece la variazione tendenziale, ossia novembre 2020 su novembre 2019, il calo maggiore è sempre dei beni di consumo, anche se stavolta esclusivamente per quelli non durevoli, che crollano del -11,9%, a fronte del +0,7% di quelli durevoli; colpisce anche la diminuzione di energia, -5,6% da novembre 2019 a novembre 2020. Molto negativi, infine, tutti i settori se confrontiamo il periodo gennaio-novembre 2020 con lo stesso periodo del 2019: si va dal -13,9% dei beni strumentali (cioè motori, apparecchi di misurazione, macchine e autoveicoli…) al +12,9% dei beni intermedi, passando per il -11,5% dei beni di consumo fino al -5,6% dell’energia.

Adottando come lente d’ingrandimento la divisione in settore di attività economica, otteniamo altre importanti informazioni. La prima è che l’attività manifatturiera non ha sofferto il passaggio dal trimestre giugno-agosto 2020 a quello settembre-novembre 2020, registrando un +2,5% (grazie in particolare alla fabbricazione di prodotti chimici, +4,2%, di mezzi di trasporto e apparecchiature elettriche, entrambi +6,2%, e di computer, prodotti di elettronica e ottica, +6,6%, e nonostante il grave -11% delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori), mentre ha scontato l’inizio della seconda ondata, facendo un -1,2% da ottobre 2020 a novembre 2020.

La seconda, molto più ovvia ma comunque molto più indicativa, è la voragine che si apre confrontando il periodo gennaio-novembre 2020 con lo stesso periodo 2019: -15,6% per la fabbricazione di macchinari e attrezzature, -19,3% per la fabbricazione di mezzi di trasporto, e -28,5% per l’industria tessile e dell’abbigliamento. Dati ancora più rilevanti se si considera che questi tre settori insieme compongono il 28,5% del sistema di ponderazione utilizzato per calcolare l’indice della produzione industriale, ossia l’indice che misura la variazione nel tempo del volume fisico della produzione effettuata dall’industria.

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

25/1/2021

 
 
 

Ti potrebbe interessare anche